La passione per la discesa nel Blu a caccia di prede,l'istinto primordiale, la voglia di cibarsi di ciò che si cattura...il silenzio...l'armonia...la fluidità...il blu....


martedì 10 luglio 2007

A PESCA CON GIORGIO!

SORRENTO GIUGNO 2003

E’ sera tardi e sono in casa a sistemare la valigia per poter partire l’indomani alla volta della Sardegna, dove mi aspetta una settimana di pesca con il “Maestro” Giorgio Dapiran. Sicuramente farò una strana impressione, in quanto ho appena finito di smontare la mia attrezzatura subacquea, pinne comprese, ed ho infilato tutto in una valigia di colore giallo. Sono praticamente l’antitesi di tutti coloro che praticano il mio stesso hobby (si fa per dire la mia è una vera e propria passione, che nei momenti migliori ha lasciato ben poco spazio a qualunque altro interesse). Però facendo i miei calcoli ho pensato che era meglio perdere un po’ di tempo a rimontare l’attrezzatura che rischiare di vederla comparire sul tapis roulant dell’aeroporto in mille pezzi.

E’ mattina, sono le 5:00 e dopo aver salutato mia moglie Cinzia, alla quale devo un ringraziamento particolare visto che è stata proprio lei a regalarmi questa settimana di pesca, esco di casa con valigia al seguito: mi aspettano 3 ore di viaggio in pullman verso Roma, la navetta delle Ferrovie dello Stato per Fiumicino e poi 1 ora di aereo sino ad Olbia. Il trasferimento scorre liscio senza grosse complicazioni a parte una noia mortale. All’arrivo all’aeroporto di Olbia il bagaglio è in ritardo (meno male che ho messo tutto in una sola valigia e per di più rigida eh eh eh!). Recuperato tutto vado verso l’uscita e subito incontro Giovanna, la sorella del Maestro che non mi prende nemmeno in considerazione (per forza cerca un tipo con borsone da sub al seguito…), mi faccio riconoscere e in pochi minuti sono fuori in auto diretto vero casa del Maestro (non è venuto a prendermi perché è andato a pesca…. Che lo possano cecà…). In pochi minuti arriviamo alla fortezza, Giorgio (che nel frattempo è rientrato) ci viene incontro e dopo i saluti di rito entriamo in casa, o almeno lo facciamo io e sua sorella, lui è ancora vicino all’auto alla ricerca del borsone……

Dopo aver fatto quattro chiacchiere e essere andati a fare la spesa presso il supermercato più vicino, è ora di andare di nuovo all’aeroporto per prendere il secondo ospite: Luciano. Molto più semplice da individuare tra gli altri passeggeri visto il borsone in una mano ed il fucile nell’altra: scambio di convenevoli e rientro a casa per la cena.

CUGNANA giugno 2003

Ore 4:30 una voce sconosciuta nel buio mi dice di alzarmi: ma chi ca..o è? Ah già sono in vacanza….

Partiamo per la prima pescata la meta è Capo Ceraso, è proprio lì che Giorgio ha intenzione di insegnarmi la tecnica dell’agguato in superficie, visto che l’altro componente della spedizione è già suo allievo e quindi può tranquillamente lasciarlo pescare da solo nel sottocosta. In breve siamo in acqua, e per la prima volta mi ritrovo a seguire un altro sub impegnato a scovare delle prede mi sembra, però, di essere a casa a guardare una video cassetta. I risultati non tardano ad arrivare ed un primo sarago viene sorpreso direttamente dalla superficie mentre è intento a spiluccare nei pressi di uno scoglio: non ci ha nemmeno sentiti!

Ora tocca a me, siamo in un ansa della costa e per quanto provi a diventare simile ad un camaleonte di pesci neanche l’ombra, ma non appena stiamo per scapolare una punta noto un piccolo assembramento di saraghi sul fondo: affondamento a “delfinetto” planata orizzontale, sparo e.. preso basso si libera in pochi secondi… in superficie, però, ho gli elogi del Maestro che mi dice di aver messo in pratica i suoi insegnamenti, meno male…

Riparto verso la punta e non appena mi affaccio noto un bel sarago che mangia su di una cresta di roccia, affondo in verticale tirandomi con la mano libera e parto dal fondo per affacciarmi su questa cresta di roccia, tutto perfetto… tranne lo sparo che mi vede protagonista di una clamorosa padella. Risalito stavolta di elogi non ne trovo in quanto il tiro sbagliato ha assorbito tutto il buono che avevo mostrato, mi tocca cedere l’arma.

Cominciamo a fare il tragitto di ritorno, ed è proprio in una di quelle anse che in precedenza avevamo visitato senza incontrare nessuna preda degna di nota che Giorgio si immobilizza dietro una sporgenza, mi avvicino e noto che sta guardando con i busto appoggiato ad una sorta di terrazzino un sarago corpulento che grufola tra roccia e sabbia: non appena il pesce passa dietro un piccolo masso parte l’azione di avvicinamento, con una capovolta rapidissima si immerge e non appena il sarago esce allo scoperto fa partire il colpo. La preda viene trafitta ad una distanza di quasi 4 metri e si tratta di un sarago che sfiora il chilo di peso. Quando risale gli faccio i miei complimenti, veramente un’azione da manuale senza un sbavatura o indecisione praticamente perfetto!

E’ ora di recuperare Luciano, che nel frattempo è riuscito a mettere a paiolo un paio di saraghi da porzione, e mentre siamo in gommone lungo la rotta di ritorno i commenti vanno alla tecnica messa in pratica e alle correzioni da realizzare. Una volta rientrati a casa il lavoro non è finito bisogna sciacquare l’attrezzatura in modo che sia pronta per l’indomani e pulire il pescato (sarà la nostra cena accompagnata da un buon pecorino sardo!). Sicuramente la giornata, per chi non è abituato, appare abbastanza pesante, in effetti si tratta di un’attività continua per ben dieci ore, comunque sempre meglio che farne otto dietro una scrivania!

Prima di cena Giorgio mi mostra quali sono le fasi di realizzazione dei sui fucili Jedi, è ammirevole la passione con la quale lavora ogni singolo pezzo, che successivamente porterà in acqua per il battesimo e l’equilibratura.

Dopo cena davanti al liquore tipico sardo il Filu ferru (avevo portato il Limoncello, ma Giorgio dice che è da femminucce…) si progetta l’uscita di domani e poi tutti a nanna, è incredibile non ho nemmeno la tentazione di accendere il televisore il “mutante” che è in me sta già morendo….

E’ un nuovo giorno e per chi va a pesca soltanto la domenica è un’emozione nuova alzarsi ogni mattina con l’obiettivo mare. L’auto con l’attrezzatura è già pronta da ieri sera non ci resta che partire, stavolta l’obiettivo è la parete di Capo Figari a nord di Olbia. Il trasferimento è abbastanza breve e una volta superata l’ansa del Golfo di Olbia viriamo verso nord in direzione dell’alto capo granitico. Oltrepassata una piccola isoletta (dove ci soffermeremo al ritorno) il primo ad immergersi sono proprio io lungo la parte iniziale della parete, mentre Giorgio e Luciano si dirigono verso l’estremità del capo alla ricerca di una grossa cernia.

La parete è soltanto in alcuni punti molto suggestiva, si tratta di roccia granitica molto chiara che sprofonda a quote impegnative, ma purtroppo già alla prima immersione devo constatare che il termoclino alto, intorno ai –12 metri, non mi permetterà grosse catture. Comunque continuo, anche perché fino a quando non tornano a prendermi…, fortunatamente alla seconda immersione riesco a colpire un barracuda stimato poco oltre il chilo, un ottimo bersaglio per migliorare il feeling con il Jedi 96 che sto impugnando. Continuo lungo la parete, ma il pesce scarseggia sino a quando trovo una piccola franata dove poter portare qualche aspetto, purtroppo l’acqua fredda mi fa notare qualche dentice ma non c’è verso di farli avvicinare.

All’ennesima immersione decido che non è più il caso di continuare, tanto più che i dentici di taglia importante si sono allontanati, allora decido di sparare ad una mostella che avevo notato in una fessura al di sotto del mio appostamento, è un bell’esemplare sfiora il chilo ed è un pesce che dalle mie parti non si vede più perché decimato dalla pesca notturna o con gli autorespiratori. Nel frattempo sono poco distante dal gommone ancorato lungo il promontorio e posso notare che stanno risalendo e vengono a prendermi. Anche Giorgio e l’altro allievo non hanno potuto riempire il carniere, a parte i “soliti” (si fa per dire) saraghi catturati dal Maestro (altrimenti perché lo chiamano così?), della grossa cernia nessuna notizia.

Mettiamo la prua del gommone verso Olbia ma non appena arriviamo nei pressi dell’isoletta ci fermiamo: l’acqua davanti una piccola punta ribolle è un buon segno. Cerchiamo di ancorare in una piccola ansa ed una volta in acqua ci dividiamo: io vado con Giorgio verso il punto individuato prima mentre Luciano si dirige nella parte che guarda terra alla ricerca di pesce bianco. Purtroppo giunti sul posto migliore una triste notizia ci aspetta: una rete chiude tutta la lingua di roccia sin sulle posidonia, conseguentemente non riusciamo, nonostante parecchi aspetti portati sia nel punto più alto che sulla distesa di posidonia, ad individuare alcuna preda interessante. Anche oggi la giornata di pesca sta per concludersi, non ci resta che rientrare al porto dopo aver recuperato Luciano che nel frattempo ha avuto miglior sorte di noi catturando una spigoletta. Una volta a casa, dopo aver svolto tutte le attività di routine, programmiamo l’uscita del giorno successivo, stavolta la strategia cambia: gommone gonfiabile in auto con destinazione Costa Paradiso!

In viaggio verso Costa Paradiso

L’indomani durante il tragitto che ci separa dal punto di partenza discutiamo delle nostre esperienze personali e purtroppo vengo preso di mira da Giorgio, il quale mi accusa di essere capace di catturare dei dentici soltanto in Corsica, mentre qui in Sardegna è diverso, quindi potrò parlare soltanto dopo aver dimostrato cosa so fare nel mare nostrum, incasso il colpo e continuiamo verso lo scivolo di partenza. Giunti in prossimità di un villaggio turistico incominciamo la discese verso il mare circondati da falesie di granito rosso che precipita in mare allo stesso modo della costa di Capo Rosso a nord della Corsica: mi sento a casa mia! Arrivati allo scivolo agiamo da incursori, scaricato il gommone e l’attrezzatura cominciamo a montare il battello e mentre una pompa elettrica provvede al gonfiaggio noi ci vestiamo di tutto punto.

Varato il gommoncino lasciamo per primo Luciano a caccia di orate nel sottocosta, mentre con Giorgio mi reco al largo dove ancoriamo. Una volta entrati in acqua lo scenario è mozzafiato, parallela alla costa ad una distanza di poco meno di cento metri incontriamo una risalita di granito piena di spaccature e canaloni è veramente bella, ma purtroppo a parte alcuni saraghi ed una corvina arpionati dal Maestro non incontriamo prede degne di nota, eppure il posto lascia immaginare ben altro. Ripartiamo e una volta recuperato Luciano, che nel frattempo vanta un’oratella in carniere e parecchi avvistamenti, ci dirigiamo verso un piccolo promontorio: sento puzza di dentici e… i gabbiani non c’entrano nulla! Siamo in acqua Giorgio sceglie il lato destro io il sinistro ed il sottocosta viene esplorato da Luciano. Alla prima immersione mi accorgo che il termoclino si trova proprio all’altezza ideale per portare gli aspetti, così non mi resta da fare altro che ammirare dei bei barracuda che stazionano al limite dell’acqua calda e risalire in superficie a mani vuote. Però dal nervosismo della mangianza penso che nell’acqua calda girino parecchi predoni, per cui incomincio ad esplorare il fondo alla ricerca di qualche punto in cui appostarmi, ne provo più d’uno ma non c’è niente da fare non vanno bene. Mi sposto ancora, stavolta verso terra e per caso incontro una piccola guglia di granito chiaro con uno scalino alla sua destra: forse fa al caso mio! Mi preparo per bene, capovolta lenta e silenziosa fucile nascosto lungo il corpo pinneggiata fluida e breve, arrivo all’altezza dello scalino di fianco alla guglia mi inginocchio e mi affaccio: sono nell’acqua calda ma davanti non si vede nulla, bene è il momento di tramutare l’aspetto classico in dinamico, scivolo verso il basso e contemporaneamente mi giro verso destra ovvero verso la parte alla quale sono stato completamente nascosto alla vista dei pesci e…tombola! Il dentice è fermo a mezz’acqua, probabilmente non mi ha visto sino a questo momento ma sentiva le mie vibrazioni, per cui adesso mi basta fare un po’ il polpo ed eccolo che arriva come un fulmine (manca poco che mi debba scansare!) il tiro è leggermente basso ma mentre risalgo controllo la reazione violenta del pesce e in pochi secondi è con me in superficie. VENDETTA E’ FATTA! Non mi resta che pensare come prendere in giro i miei compagni d’avventura. Mi dirigo al gommone per posare il dentice, una volta a bordo decido di chiuderlo nella ghiacciaia ed attendere con aria annoiata il rientro del Maestro, detto fatto si presenta con i “soliti” saraghi e qualche cefalo, è il momento di sistemare le prede nella ghiacciaia… Giorgio:”ma che c…o l’unico dentice suicida della zona proprio a te doveva capitare?” Ancora non ho soddisfatto il Maestro, vabbè vedremo di fare meglio. La giornata volge al termine ed a parte qualche sparuto avvistamento di denticiotti lungo la costa che va verso l’Isola Rossa non c’è niente da segnalare per cui decidiamo di rientrare, anche perché ci aspetta almeno un’ora di lavoro per sistemare il gommone e l’attrezzatura in auto e un paio per arrivare a casa.

L’esperienza della formula “mordi e fuggi” con gommoncino in auto è andata bene, così la sera si decide di ripeterla, ma questa volta in acque Corse. Di comune accordo, visto che andremo in Corsica per due giorni di full immersion, la giornata di domani verrà consacrata al riposo.

VIVA LA CORSICA!

Al mattino la sveglia è leggermente posticipata, in quanto il primo traghetto per Bonifacio non è certamente all’alba, ci dirigiamo quasi in religioso silenzio verso S. Teresa di Gallura, ma una volta arrivati al porto mentre facciamo colazione Giorgio decide di delucidarci su come si svolgeranno le cose in territorio Corso. Allo sbarco ci dirigiamo subito verso Porto Pollo dove prenderemo alloggio presso un albergo di alcuni amici; una volta sistemati (non avevamo nulla se non i borsoni per cui non entriamo nemmeno in stanza!) andiamo immediatamente al porticciolo locale per la prima battuta di pesca. Fare le stesse operazioni compiute in terra Sarda per sistemare il gommone ci fa rendere conto che una cosa è svolgerle alle prime luci dell’alba e un’altra sotto il sole cocente di mezzodì, comunque la passione è passione.

Saliti a bordo sudati come dei maiali andiamo verso nord alla ricerca di un posto tranquillo dove immergerci, lontano dalle imbarcazioni che, anche se rare, sfrecciano a tutta velocità al di fuori delle secchette sparse un po’ ovunque. La scelta ricade su di una piccola punta che chiude una baia abbastanza profonda e che al centro presenta una piccola risalita con delle guglie che escono fuori dall’acqua; ed è proprio qui che Giorgio mi lascia a pescare, mentre Luciano si tuffa nel sottocosta e lui si dirige presso un’ansa che a suo dire conosce molto bene. Nascosto all’ombra della roccia che emerge per circa un metro o due osservo il fondo: dinanzi mi si parano delle belle risalite e a mezz’acqua noto già qualche dentice! Purtroppo un simile spettacolo è portatore di una spiacevole notizia: se i dentici sono così alti il termoclino la fa da padrone. Alla prima immersione mi rendo conto subito che l’unica possibilità di appostarmi ad una altezza che possa concedermi qualche chance di cattura è data dalla parte più scoperta della rimonta di roccia e, ciò significa che sarò molto visibile. Comunque non mi resta altro da fare che provarci, per cui mi apposto dietro una piccola cresta di roccia e di lì osservo i dentici, si tratta di una decina di esemplari, di cui tre superano i quattro chili. Purtroppo per il desiderio di catturarli non sparo ad un esemplare di circa un chilo e mezzo che passa il suo tempo ad osservare come è fatta l’aletta della mia asta e, successivamente non avrò più l’opportunità di catturarlo. Le immersioni si susseguono, ma anche quelle portate ancora più in basso sortiscono solo l’effetto di far allontanare definitivamente i pesci. A questo punto non mi resta che allontanarmi in direzione del gommone ancorato da Giorgio, così comincio ad esplorare un vasto bassofondo sui 15 metri di profondità caratterizzato da massi lisci e piccolo sprazzi di posidonia, per meglio identificare le opportunità che dà il posto ogni tanto mi immergo per effettuare dei brevi aspetti al di sopra del termoclino con il risultato di riuscire a sparare un barracuda stimato intorno ai due chili che puntualmente perdo perché sparato in pancia. Poco male non è per quello che mi sto spolmonando, così continuando arrivo in un punto in cui la posidonia è più estesa e non mi lascio sfuggire l’occasione di tentare un ennesimo aspetto. Mi ventilo e mi dirigo, dopo le prime pinneggiate, a foglia morta nella parte più folta della prateria, purtroppo quando mi apposto mi accorgo, dal tremolio dell’acqua e dalla precaria visibilità, che mi trovo proprio nel punto in cui l’acqua cambia la sua temperatura e, ironia della sorte, giusto al di sopra pascola un piccolo branco di dentici che non appena mi sente si dirige verso di me. Causa la scarsa visibilità il tiro non è preciso, e così vedo il pesce superarmi colpito in basso e l’asta rimanere incastrata tra le pietre che si trovano nella posidonia, morale della favola un altro pesce perso. Però un dentice merita almeno qualche immersione per vedere se si è nascosto tra le posidonie; le prime due immersioni fatte su batimetriche più profonde non portano alcun risultato, così decido di farne una un po’ più fonda su un fondale di circa 25 metri. Arrivato sul fondo mi accorgo che pochi metri più avanti c’è un ciglio di un paio di metri, decido di guardare anche lì, mi affaccio e del dentice ferito nessuna traccia, però a distanza ne scorgo uno enorme. Non so cosa fare ma mentre decido il dentice, che evidentemente mi ha sentito ma non visto, si dirige verso il ciglio senza titubanze con andatura decisa, è troppo facile miro e sparo colpendolo sulla schiena, l’asta esce all’altezza delle pettorali: è il finimondo si dirige prima verso l’alto e poi di nuovo verso il ciglio dove trova un arco e si immobilizza mentre io risalgo verso la superficie. Cerco di recuperare il più presto possibile e scendo lungo la sagola, ci sono circa 25 metri di fondo, ho già il coltello pronto per finire la preda, trovo il dentice immobile, sembra quasi morto, ma per essere sicuro piazzo il colpo risolutore e lo sfilo dall’arco sotto il quale si era nascosto. Risalgo stringendolo è enorme non ho mai catturato un dentice di queste dimensioni! Arrivato in superficie mi rendo conto che posso anche chiudere la battuta e mi dirigo verso il gommoncino ancorato poco distante per riporvi la preda e raggiungere Giorgio. Invece mentre sto per togliere l’ancora mi sento chiamare, anche lui sta rientrando, gli chiedo come è andata e mi fa vedere un bel carniere nel quale spiccano due dentici e qualche sarago, alla fatidica domanda gli mostro cosa c’è steso sul paiolo: un dentice di circa 8 kg. Partiamo soddisfatti anche se Giorgio mi dice di non essere riuscito a portare a tiro un’orata di circa 3 kg e recuperiamo Luciano che nel frattempo è riuscito a catturare alcuni saraghi agguantando dalla superficie. Durante il rientro notiamo qualcosa che galleggia sull’acqua al largo ci avviciniamo e con sorpresa notiamo che è un dentice grosso quanto quello catturato in precedenza, evidentemente è riuscito a liberarsi dall’asta per poi morire chissà dove. Rientrati in porto stavolta non dobbiamo sistemare il gommone in auto in quanto lo lasciamo ancorato per una battuta da realizzare l’indomani. La serata ci vede protagonisti di una cena presso il ristorante che da sul porto a gustare la cucina Corsa e a progettare l’uscita: si va verso Campomoro.

La partenza è meno impegnativa, in quanto il gommone è ancorato, ma la notizia impressionante di questa mattina è che, udite, udite: Giorgio non pescherà! La motivazione ufficiale è che ha un leggero mal di gola e non vuole compromettere il prosieguo della stagione estiva, ma non è che il denticione gli ha provocato un’infiammazione da…… sconfitta? Partiamo dirigendo la prua di fronte il piccolo porto di Porto Pollo, siamo alla ricerca di una piccola secca, che raggiungiamo in breve tempo grazie alle qualità del provetto barcaiolo Giorgio (sto rigirando il coltello nella piaga, forse non è sportivo…). Arrivati alla meta entro in acqua con Luciano, che si dirige subito verso la costa per effettuare qualche discesa meno impegnativa, mentre io mi dirigo verso il largo tenendo d’occhio il fondale che è veramente interessante. Si tratta di roccia scura che forma parecchi canaloni, c’è solo l’imbarazzo della scelta, ogni posto sembra buono per appostarsi. Ne scelgo uno abbastanza in alto, vista la costante presenza del termoclino, e non appena giungo sul fondo è sufficiente immobilizzarmi perché un dentice venga a curiosare. Il colpo parte preciso nella penombra e fulmino il pesce sulla spina dorsale, ormai ho fatto la mano al Jedi 96 che il Maestro mi ha prestato. Recupero subito la preda e risalgo, in superficie ho l’onore di chiamare il “mio” barcaiolo che salpa me ed il dentice per andare verso la parte più estrema del promontorio. Giunti sulla punta Giorgio incomincia ad allargare alla ricerca di alcuni “candelieri” che gli hanno dato delle grosse soddisfazioni in passato, la ricerca culmina con l’individuazione di una macchia chiara che si staglia nel blu: ci siamo! Entro in acqua emozionato, è una sensazione che provo sempre quando vedo queste rimonte chiare tipiche della Corsica e della Sardegna che si stagliano nel blu del mare circostante. Purtroppo però noto con un misto di gioia e disperazione che dei dentici intorno ai 5-6 chili girano in tondo attorno al cappello della secca: l’acqua è fredda già ai 10 metri di profondità! Comunque bisogna tentare lo stesso, le provo tutte: aspetti sul sommo, a mezz’acqua, planate, cadute (durante le quali snobbo saraghi e corvi), ma la situazione è sempre la stessa, cioè mentre mi ventilo in superficie lo spettacolo è incredibile, non appena mi immergo scompaiono tutti.

Durante tutti questi tentativi noto però due cose particolari, la prima è un torrente di acqua calda sulla rimonta nel quale basta guardare per veder passare tutti i dentici del circondario e la seconda è la rapidità di attacco di un dentice ad una acciuga che si trova a pochi metri da me, l’azione è talmente veloce che non riesco nemmeno a spostare il fucile e l’unico ricordo che ho sono un paio di “fotogrammi” in cui individuo il pesce che parte dal basso la sua bocca spalancata e la preda che scompare, davvero spettacolare. E’ proprio Giorgio a convincermi che devo risalire, in quanto mi stavo spolmonando per nulla, mi sa che mi ci ha portato apposta…. La giornata si conclude con un magro bottino, ma il tempo a disposizione non è tantissimo in quanto bisogna ripartire alla volta della Sardegna anche perché il tempo occorrente per le operazioni di sistemazione dell’attrezzatura e quello necessario per il trasferimento non è poco, per cui il pescato (anche se abbondantemente ricoperto di ghiaccio) potrebbe soffrirne.

CONSIDERAZIONI FINALI

Alla luce di quanto accaduto in questi giorni trascorsi presso il “Maestro” Giorgio Dapiran ho capito che il mondo della pesca subacquea non è certamente quello che vivo io quando sono a casa, voglio dire che le sensazioni che si provano andando quotidianamente a pesca, la stanchezza che si assapora dovendo sostenere trasferimenti lunghi misti alla soddisfazione di avere la ghiacciaia piena di pesce, nonché l’arricchimento continuo frutto delle esperienze sempre nuove o quantomeno diverse fanno sì che l’individuo cambi totalmente; i sensi si acuiscono, l’osservazione non è contaminata da pensieri come il lavoro, la casa gli amici, nulla di tutto questo distoglie il sub dalla sua concentrazione. Il mutante individuato da Giorgio muore rapidamente, la dea TV non ammalia più come prima e sembrano lontanissimi se non frutto di un sogno quei momenti passati distesi sul divano come una medusa al sole del bagnasciuga completamenti assuefatti dai burattini che si muovono nel grande schermo. E’ con rammarico che abbandono la terra Sarda consapevole che per lungo tempo non potrò ripetere questa esperienza, ma contento di essere stato anche se soltanto per una settimana un “predatore” con un unico obiettivo quello di far sue delle prede da poter usare per il pranzo o la cena e perché no anche per il proprio sostentamento economico, lontano dalla tecnologia, dallo stress dalla “società”, chissà poi perché corriamo così, dove arriveremo? E prima di chi?

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Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana. Sull'universo ho ancora i miei dubbi Albert Einstein -
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