La passione per la discesa nel Blu a caccia di prede,l'istinto primordiale, la voglia di cibarsi di ciò che si cattura...il silenzio...l'armonia...la fluidità...il blu....


mercoledì 11 luglio 2007

L'aspetto metafisico della pesca in apnea - La prima pagina del numero di luglio 2007 del Giornalino del Mistral a cura di G. De Giorgi

“Ricordati che si può andare sott'acqua in due modi.”

Così dicendo, il vecchio pescatore Brisbè tirò fuori un pezzetto di corallo e lo gettò in mare; poi da una mezza noce di cocco fece colare del liquido zuccherino biancastro.

“Vedi “, continuò, “corallo e cocco adesso sono insieme nell'acqua, però il corallo resta corallo, mentre il latte di cocco ora è mare: quando vai sott'acqua non devi fare come il corallo, ma come il cocco. Quando ti immergi in apnea non devi contrapporti al mare, non dovete esserci tu, il tuo corpo, la tua pelle e il mare, ma ogni componente del tuo essere deve divenire tutt'uno con l'acqua.”

“Cosa ti piace fare?”

Capita sovente di sentirsi fare questa domanda, quando si conosce una persona o quando si parla con un amico. A me vengono in mente subito due attività. Poiché sulla prima spesso sorvolo per autocensura (è comunque una preferenza abbastanza comune tra gli uomini non ancora in andropausa), mi ritrovo a rispondere con la seconda: “Mi piace fare pesca subacquea in apnea”. “Pesca subacquea?” L’interlocutore a questo punto tipicamente alza il sopracciglio, mi guarda storto. Il corpo si allontana. Specie se l’interlocutore è di sesso femminile. Manco avessi confessato che mi piace andare in giro a sodomizzare la gente (citazione dal film “Full Monty”). Nella mente dell’interlocutore si materializza l’immagine del sottoscritto in costume e fuciletto carico, che avanza tra lo sguardo atterrito dei bagnanti su una spiaggia in pieno agosto e che, una volta immerso tra le gambe dei vacanzieri, spara a qualsiasi forma vivente che si aggira nei dintorni.

Se invece l’interlocutore è un altro pescasub, magari con la stessa esperienza, allora la reazione è opposta: gli occhi si illuminano e si comincia a parlare con complicità come se ci si conoscesse da anni o si fosse scoperto in quel momento che si sono fatte le elementari assieme. Chi è appassionato di questa disciplina sa che l’immagine del pescasub maggiormente diffusa nell’immaginario collettivo non corrisponde al vero. La pesca in apnea è una delle attività che più avvicinano al Mare e fanno capire quanto è bello ed immenso e quanto è importante rispettarlo. Effettuare una battuta di pesca in apnea significa, per chi è veramente appassionato, ritrovarsi soli in acqua, nell’assenza più completa di rumori che non siano quelli generati dal Mare. Magari entrare in acqua all’alba per godere di questi momenti. Per essere accolti in un’altra dimensione, lontanissima dalla realtà di tutti i giorni. Una dimensione in cui le parole routine, stress, rumore, riunione di condominio non hanno più significato. Generalmente si pensa che l’apnea implichi grande sforzo, e si associa l’azione di trattenere il respiro sott’acqua al disagio o al dolore. Ma in realtà basta un pò d’allenamento, che deve coinvolgere soprattutto l’aspetto mentale, ed un po’ di studio per scoprire che l’apnea può indurre benessere e rilassamento, muscolare e mentale. In apnea alcuni riescono a raggiungere una situazione di distacco emotivo e di pace che ha qualcosa di metafisico. Qualcosa di simile alla contemplazione o all’annichilimento. Uno stato raggiunto immergendosi in Mare, avvolti dall’acqua, come se fosse liquido amniotico. In apnea, senza sforzi, zavorrati in modo da avere un assetto neutro in acqua, sperimentiamo prima di poggiarci sul fondo una situazione di assenza di gravità, perché planiamo dolcemente nell’acqua. Un’esperienza che solo gli astronauti hanno provato. Un’emozione vicina a quella che prova, per pochi istanti, chi si lancia con un paracadute e si libra nell’aria o chi vola con un deltaplano. Scendendo verso il basso e poggiandoci sul fondo del Mare con delicatezza, come una foglia morta che si poggia con dolcezza sul terreno, perdiamo consapevolezza della nostra persona e diventiamo parte dell’elemento liquido. Dimentichiamo la nostra natura di esseri umani e non riusciamo ad avvertire il bisogno di respirare. Rimaniamo sul fondo in profondo silenzio, senza emettere bolle d’aria dall’erogatore come capita a chi si immerge con le bombole. Possiamo così perdere il nostro sguardo nel blu ed ammirare il Mare senza spaventare gli animali che lo popolano. Nascosti da una roccia o dall’ombra di uno scoglio, osserviamo i pesci che si muovono nel loro ambiente, senza accorgersi di una immobile figura estranea al loro mondo.

Vicino alle nostre coste possiamo in questo modo osservare scene che le persone che negli stessi punti fanno il bagno o snorkeling hanno visto solo nei documentari. Ad esempio, noi pescatori in apnea sappiamo che nei nostri mari, da qualche anno, ci sono i barracuda e li abbiamo visti e catturati frequentemente. Alcuni, come me, hanno visto pesci incredibili come i tonni a pochi metri dalla costa. O i calamari custodire le uova, o i branchi di cefali in riproduzione che si avvicinano a riva formando fiumi di centinaia di pesci. O i pesciolini terrorizzati che, con i pesci predatori nei dintorni, si compattano dando forma a nuvole vive e fittissime, dai mobili ma netti contorni, che si aprono esplodendo come un fuoco d’artificio quando il predatore porta il suo attacco fulmineo con la bocca spalancata. O i pesci pulitori che entrano ed escono dalla bocca e dalle branchie di pesci più grandi, che si fanno ripulire dai parassiti. O l’incredibile mimetismo di polpi e seppie ed il loro accoppiamento. O anche, come è successo ad altri, l’accoppiamento di un paio di ignari vacanzieri che si erano isolati sulla riva di una piccola cala…

Noi pescatori in apnea scegliamo, in certi casi, di rompere la magia dello spettacolo che il Mare ci offre, tirando un grilletto e facendo contrarre gli elastici di un fucile. Il fine ultimo della battuta di pesca è, infatti, la cattura di un pesce e questa avviene attraverso la sua morte. E’ una verità scomoda, ma è così. Scegliamo di catturare un pesce per mangiarlo: non uccidiamo un pesce per il gusto di farlo o per vendere il pescato e guadagnare denaro, spariamo solo ai pesci che poi mangeremo e spesso rinunciamo a catturare un pesce se è in fase riproduttiva o ha le uova. Con la cattura di un pesce raggiungiamo il massimo distacco dalla società moderna, sperimentiamo una profonda libertà. Catturiamo una preda di cui ci nutriremo, come facevano i nostri progenitori cacciatori, e soddisfiamo l’istinto ancestrale della caccia, ormai represso in una società basata sul successo e sul denaro. Sappiamo quale gusto ha un pesce che è vissuto libero nel Mare, e quanto questo sia diverso da quello di un pesce di allevamento, nutrito di chissà quali mangimi artificiali. Prelevando selettivamente poche prede mature non danneggiamo la fauna marina, come invece fa la pesca industriale, che con le reti ara il fondo e lo distrugge per poter offrire sul banco delle pescherie quei pesciolini che magari vengono comprati, per la zuppa, anche da chi ci critica.

Ecco perché improvvisamente immaginiamo il perplesso interlocutore di prima in fila pluri chilometrica per raggiungere il suo agognato metro quadro di spazio sulla spiaggia affollata, in pieno agosto, allo scopo di prendersi una scottatura tra bambini che lanciano sabbia, l’altoparlante dello stabilimento che spara musica ad alto volume ed i vicini di ombrellone rumorosi. Capiamo che lui non saprà mai cosa è veramente e cosa può offrire il Mare quando ci accoglie al suo interno. E che gli è sconosciuto il senso di selvaggia libertà che ci pervade. E, compatendolo, dovremmo rispondergli, con un sorriso stampato sulle labbra e guardandolo negli occhi:

“Sì. Io ho il privilegio di fare

pesca subacquea!”

3 commenti:

  1. Quello che hai scritto è tutto vero anche se non sono un pescatore subacqueo.Mi hanno descritto altri queste emozioni e ieri ho letto uno scritto sull'immersione a dir poco poetico che dovresti leggere del fidanzato di mia figlia. Purtroppo l'altro ieri è morto a 27 anni dopo una innocente immersione.Era esperto (20 anni), scrupoloso ,attento e sopratutto era il più bravo ragazzo che mia figlia poteva incontrare ma ora non c'è più inghiottito dal vostro mamto mare.
    Anche se sono medico non sono un esperto ma si può morire per un semplice svenimento in acqua e le condizioni per questo sono frequenti.l'autopsia parla di "arresto cardiaco" e comunque escluderebbe l'errore umano .E' questo l'imponderabile e la pericolosità di questa pur affascinante emozione.Potremo scrivere insieme alle poesie della profondità come tutelarsi meglio e magari illustrare o perfezionare quella specie di air bag a tempo di cui voi sub per i vostri validi motivi non utilizzate. Grazie ma vi prego il mare si porta via proprio quegli uomini vicino alla natura sensibili e colti ed ora di dire basta

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  2. Ti ringrazio per l'intervento, anche se segnato da un avvenimento che difficilmente potrà essere giustificato ed ancora più difficilmente metabolizzato. Lo so che il tributo pagato a questa affascinante disciplina è pesante, ma allo stesso tempo ti invito a non colpevolizzarla eccessivamente, se avessimo dei dati legati alla categoria, ci renderemmo conto che la percentuale è più bassa di altri sport. Con questo non voglio assolutamente dire, però, che non bisogna curarsene, ed è per questo che alcune comunità virtuali (dedicate alla pesca subacquea come forum e siti web di appassionati) pongono sempre più l'accento sul tema della sicurezza in mare e sul come educare coloro che si avvicinano a questo mondo.
    Chiaramente la prudenza non è mai troppa, soprattutto nei confronti dei diportisti distratti. Spero che continuerai ad amare il mare come colui che ora non c'è più......

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  3. Questo è stato davvero interessante. Ho amato la lettura

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Due cose sono infinite: l'universo e la stupidità umana. Sull'universo ho ancora i miei dubbi Albert Einstein -
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